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Vizi nella finestra e/o posa in opera: riconoscimento, tutele e rimedi

L’epilogo di una controversia con una ditta installatrice di porte scorrevoli che ha portato alla sentenza della Corte di Cassazione n.2431 del 31 gennaio offre lo spunto per riepilogare le misure di tutela predisposte dalla legge nel caso siano rilevati dall’acquirente vizi e difetti dell’opera o della fornitura.

Partendo da una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 2431 del 2018) cogliamo l’occasione per un riepilogo dei rimedi predisposti dalla legge a tutela dell’acquirente o del committente nel caso in cui si manifestino/rilevino vizi e difetti nel bene e/o posa in opera di porte e finestre forniti da venditore o dall’appaltatore. In altri termini, e rovesciando la prospettiva, per ricordare a quali azioni è esposto il venditore o appaltatore/installatore da parte del cliente insoddisfatto e per quanto tempo dalla consegna o dal completamento dell’opera.

La sentenza della Cassazione in commento giunge all’epilogo di una controversia con una ditta installatrice di porte e scorrevoli che aveva riconosciuto i difetti dell’opera segnalati dall’acquirente dell’immobile e che si era impegnata ad eliminare le problematiche, senza evidentemente riuscirci.

In primo grado le domande risarcitorie proposte dall’acquirente insoddisfatto erano state respinte, sul presupposto che al caso fosse applicabile la garanzia prevista per la vendita e non per l’appalto e che, per conseguenza, la denuncia dei vizi fosse tardiva. In appello, invece, le domande sono state accolte e la Cassazione, respingendo il ricorso di legittimità, ha confermato la bontà di tale prospettazione.

 

Vizi e difetti nel bene e/o posa in opera di porte e finestre. Distinzione tra vendita e appalto

La distinzione tra vendita e appalto – e la conseguente diversa disciplina che li caratterizza – riveste particolare interesse trattandosi di due dei tipi contrattuali più frequentemente utilizzati nella prassi.

La compravendita ai sensi dell’art. 1470 c.c. è “il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo”. L’appalto invece è definito dall’art. 1655 c.c. come “il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio, verso un corrispettivo in denaro”.

Talvolta può non essere agevole distinguere in concreto le due figure, soprattutto nel caso in cui la vendita abbia ad oggetto una cosa futura. Secondo la giurisprudenza, la differenza si basa su due elementi: da un lato, la volontà dei contraenti e, dall’altro, il rapporto fra il valore della materia (prestazione di dare) ed il valore della prestazione d’opera (prestazione di fare) da considerare non in senso oggettivo bensì avuto riguardo alla comune intenzione delle parti. In altri termini, nella compravendita l’oggetto dell’obbligazione è sostanzialmente un dare, mentre nel contratto d’appalto oggetto dell’obbligazione è un facere.

La distinzione è importante in quanto la legge predispone degli strumenti di tutela differenti nel caso in cui il bene oggetto della prestazione risulti viziato.

Con riferimento alla compravendita, nel caso in cui il bene presenti vizi tali da renderlo inidoneo all’uso a cui è destinato o da diminuirne in modo apprezzabile il valore, l’acquirente può a sua discrezione chiedere la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto, restando in ogni caso salvo il risarcimento del danno, ma deve denunciare tali vizi entro otto giorni dalla scoperta, e l’azione per far valere in giudizio la garanzia va esercitata entro un anno dalla consegna del bene (art… 1490 – 1495 c.c.).

Per l’appalto invece sono esperibili due diversi rimedi, a seconda della natura del vizio riscontrato.

Ai sensi dell’art. 1669 c.c., in caso di gravi difetti di costruzione (ossia qualsiasi alterazione che incide negativamente e in modo considerevole sul godimento dell’immobile) il committente gode di una garanzia di 10 anni dal compimento dell’opera stessa. Il termine di decadenza per denunciare i vizi è di un anno dalla loro scoperta e si prescrive in un anno dalla denuncia.

Ove tale garanzia operi, il committente ha diritto al risarcimento del danno salvo che il venditore si offra di ricostruire l’immobile o di eliminare i gravi difetti, restando il committente libero di accettare o pretendere la reintegrazione per equivalente.

 

Vizi e difetti nel bene e/o posa in opera di porte e finestre. Tempi di prescrizione

Ai sensi dell’art. 1667 c.c., invece, in caso di difformità e vizi dell’opera, da intendersi quali vizi che non incidono necessariamente in misura rilevante sull’efficienza e sulla durata dell’opera stessa, il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all’appaltatore la difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta. la denunzia non è però necessaria se l’appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati.

L’azione contro l’appaltatore, nell’ipotesi dell’art. 1667 c.c., si prescrive in due anni dal giorno della consegna; il committente convenuto per il pagamento può però sempre far valere la garanzia, purché le difformità o i vizi siano stati denunziati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni  dalla consegna.

Ove ricorrano i suesposti presupposti, il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell’appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell’appaltatore; se però le difformità o i vizi dell’opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto.

Alla luce di questo quadro normativo generale, la giurisprudenza si è più volte interrogata con riferimento all’ipotesi in cui il venditore o l’appaltatore si rendano spontaneamente disponibili ad eliminare i vizi della cosa: si è a lungo discusso infatti se in questi casi l’ulteriore obbligazione assunta si aggiunga o si sostituisca a quelle previste dalla legge.

Con riferimento alla compravendita, la Cassazione a Sezioni Unite (con ben due pronunce: 13294/05 e 19702/2012) facendo proprio l’orientamento condiviso dalla giurisprudenza maggioritaria, ha stabilito che il tema di garanzia per i vizi della cosa venduta qualora il venditore si impegni ad eliminare tali vizi e l’impegno sia accettato dal compratore, sorge un’autonoma obbligazione di facere che si affianca alla garanzia originaria rimanendo però ad essa esterna e, quindi non alternandone la disciplina.

Si è precisato dunque che l’impegno del debitore di eliminare i vizi implica il riconoscimento degli stessi, dando vita ad una obbligazione autonoma la cui prescrizione si compie nel termine ordinario di dieci anni, consentendo al compratore di non sottostare agli stringenti termini di decadenza e di prescrizione normalmente previsti.

Con la sentenza in commento la Cassazione ha confermato l’applicabilità del suesposto percorso argomentativo anche al contratto di appalto.

 

Vizi e difetti nel bene e/o posa in opera dio porte e finestre. Svincolo garanzia

È dunque possibile affermare che quando l’appaltatore, come nel caso in esame, riconosca i vizi dell’opera e si impegni ad emendarli, tale impegno senza novare l’originaria obbligazione gravante su quest’ultimo ha l’effetto di svincolare il diritto alla garanzia del committente dai termini di decadenza e prescrizione di cui si è detto.

Pertanto in simili ipotesi il committente potrà avvalersi di una distinta ed autonoma obbligazione di garanzia soggetta al solo termine prescrizionale decennale ordinario.

Passando dallo specifico riconoscimento di vizi e difetti nel bene e/o posa in opera di porte e finestre, ad in contesto più ampio, è utile infine ricordare che la giurisprudenza (tra le altre Cass. 6263/2012) ha precisato che il riconoscimento del vizio da parte dell’impresa appaltatrice può anche essere tacito, ad esempio mediante l’intervento sul bene, anche se effettuato attraverso l’opera di terzi e pur in presenza del diniego formale dell’esistenza dei vizi lamentati dal committente.

La Cassazione ha infatti stabilito che il riconoscimento del vizio da parte dell’appaltatore non deve necessariamente accompagnarsi ad una sua dichiarazione, essendo sufficiente un comportamento che possa qualificarsi come riconoscimento implicito qual è, appunto, l’intervento sull’opera.

 

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