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Demolizione e ricostruzione: categoria di intervento, regime giuridico e tributario

Analisi della caratterizzazione degli interventi di demolizione e ricostruzione: categoria di intervento, regime giuridico e tributario.

La legislazione in materia edilizia è complicata, a volte complicatissima: orientarsi nella giungla di disposizioni (decreti, risposte dell’Agenzia delle Entrate, guide, ecc.) e in relazione a testi astrusi può risultare frustrante. Un tipico caso che rientra in questo novero è la gestione degli interventi di demolizione e ricostruzione.

L’approfondimento nasce dalle perplessità contenute nella segnalazione ricevuta da un Associato (clicca qui per la lista completa) chiamato a effettuare la fornitura in opera di serramenti nell’ambito di un intervento consistente nella demolizione di un edificio esistente, seguita da ricostruzione di un nuovo stabile caratterizzato da aumento volumetrico rispetto a quello iniziale.

I dubbi vertevano principalmente in relazione a 3 aspetti: definizione della categoria di intervento, individuazione del regime giuridico corrispondente e caratterizzazione del regime tributario adeguato, con specifico riferimento al tema IVA.

Le possibili alternative relative al primo aspetto sono definite dal DPR 380/01 e s.m.i. e consistono in:

  • Manutenzione ordinaria;
  • Manutenzione straordinaria;
  • Restauro e risanamento conservativo;
  • Ristrutturazione edilizia;
  • Nuova edificazione;
  • Ristrutturazione urbanistica.

L’articolo 3 del DPR fornisce le definizioni di ciascun regime, consentendo di poter individuare in quale casistica ricadono i diversi interventi. Il caso specifico, però, si può considerare “al confine” tra il caso della ristrutturazione edilizia e quello della nuova costruzione. Infatti, mentre le formulazioni più datate del testo facevano rientrare gli interventi di demolizione e ricostruzione con ampliamento volumetrico in ristrutturazione edilizia solo nel caso la fedeltà tra il vecchio e il nuovo fosse pressoché assoluta, il testo vigente del DPR (post modifiche introdotte dal D.L. 76/2020) indirizza verso tale regime anche interventi che prevedono un maggior discostamento tra la condizione iniziale e quella finale. 

L’evoluzione legislativa in merito non è ancora stata del tutto recepita in sede giurisprudenziale, in quanto vi sono numerose sentenze ancora ispirate all’impostazione più “rigida” e un numero crescente di sentenze che invece sposano la nuova posizione legislativa più “aperturista”.

In questa situazione di passaggio, risulta fondamentale cercare di individuare quale sia il discrimine secondo il quale la demolizione e ricostruzione rientri nell’ambito della ristrutturazione edilizia o della nuova costruzione. A riguardo si può affermare che l’aspetto determinante non sia più dato dal fatto che la ricostruzione con avvenga con “identità” tra situazione ante e post intervento, ma dal fatto che l’intervento conservi traccia dell’immobile preesistente: se tale condizione è soddisfatta si ricade nella prima categoria, se non lo è ci si ritrova nella seconda.

 

Per quanto riguarda il regime giuridico, invece, il riferimento è dato dal Glossario per l’edilizia, DM 02/03/2018, che classifica le tipologie di titoli edilizi attraverso le seguenti alternative:

  • Edilizia libera;
  • CILA, Comunicazione Inizio Attività;
  • SCIA, Segnalazione Certificata Inizio Attività;
  • Super SCIA, Segnalazione Certificata Inizio Attività alternativa al Permesso di Costruire;
  • PdC, Permesso di Costruire.

La caratterizzazione di questo tema discende da quella relativa all’argomento precedente, la categorizzazione dell’intervento. Infatti, l’individuazione del titolo abilitativo idoneo per l’intervento è diretta conseguenza della qualificazione dello stesso.

La legge stabilisce che il titolo corrispondente a interventi quali quelli descritti sia la SCIA alternativa al Permesso nel caso in cui gli stessi rientrino nell’ambito della ristrutturazione edilizia, mentre sia il Permesso di Costruire nel caso in cui rientrino nell’ambito della nuova costruzione.

 

Infine, per quanto riguarda l’individuazione del pertinente regime IVA, è necessario fare riferimento al testo che attribuisce i regimi IVA corrispondenti ai diversi prodotti/lavorazioni: il D. P.R. 633 del 26/10/1972, Testo unico IVA.

Effettuando tale operazione in relazione al caso studio, emerge come in quest’ambito le aliquote siano differenziate in base alla categoria di intervento. Infatti, il D.P.R. stabilisce che se l’operazione ricade nel campo della ristrutturazione edilizia si fa riferimento allo scaglione del 10%, mentre se ricade in quello della nuova costruzione si fa riferimento allo scaglione IVA del 4%.

A riguardo si segnala la risposta 564 del 27 novembre 2020 dell’Agenzia delle Entrate (clicca qui), che ha affrontato il caso della determinazione dell’aliquota IVA da applicarsi nell’ambito di una demolizione e fedele ricostruzione di un fabbricato con aumento di volumetria. Nella specifica situazione l’AdE ha indicato come la categoria di intervento pertinente fosse quella della ristrutturazione edilizia e che, di conseguenza, il regime IVA corrispondente fosse quello del 10%.  

Tale determinazione risulta nel solco di quanto già indicato dall’Agenzia in documenti precedenti secondo i quali la caratterizzazione tributaria consiste in una conseguenza dell’inquadramento della fattispecie sul piano edilizio-urbanistico del relativo Ente locale/territoriale dii competenza.

A riguardo di questo tema si aggiunge una precisazione: i due regimi potrebbero anche “convivere”. Ciò accade nel caso di demolizione e ricostruzione con ampliamento: in tali situazioni le lavorazioni riferite alla demolizione e ricostruzione devono essere caratterizzate da IVA al 10%, mentre quelle relative all’ampliamento (che è inquadrato sostanzialmente come una nuova costruzione) devono essere caratterizzate da IVA al 4%.

In conclusione e in estrema sintesi: tutto dipende dall’attenta individuazione della categoria di intervento.

 

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